L’intervista seguente è stata realizzata durante un incontro con Gianni Carrozza tenutosi a Reggio Emilia sul ciclo di lotte che ha investito la Francia nell’inverno-primavera 2016. Sul prossimo numero di Collegamenti Wobbly, che dovrebbe uscire in dicembre, apparirà un approfondito articolo di Gianni Carrozza sull’argomento.
Lorcon: Partirei dall’analisi delle mobilitazioni francesi di aprile: in che modo si sono svolte? Ci sono state delle forme di coordinamento autonomo? Quali i soggetti principali che ne hanno fatto parte?
Carrozza: Intanto va detto che quel movimento è stato uno dei più lunghi degli ultimi trent’anni: è durato circa sei mesi. La mobilitazione è iniziata verso la fine di gennaio, con alcune iniziative sindacali molto limitate; poi fra febbraio e marzo si è aggiunta una partecipazione importante di studenti liceali e in parte universitari e, a partire dalla metà di febbraio, c’è stato il lancio di una petizione che ha raccolto, al momento del 9 marzo, più di un milione di firme [petizione per il ritiro della Loi Travail Ndr]. Quest’ultimo fatto in particolare ha spinto i sindacati a impegnarsi un po’ più seriamente, cosa che fino a quel momento non avevano fatto; o meglio, vi erano delle pressioni alla base che cominciavano ad essere consistenti e visibili, però le confederazioni, in particolare la CGT, non avevano ancora assunto delle iniziative consistenti.
La manifestazione del 31 marzo è stata molto importante sia numericamente, sia perché ha portato alla nascita di “La Nuit Debut”: alla fine della manifestazione un grosso spezzone di manifestanti ha deciso di occupare la piazza. Hanno proiettato un documentario che era uscito alcuni mesi prima, “Merci patron”, – grazie padrone – e poi sono rimasti sulla piazza.
Da quel momento Place de la République è stata occupata senza interruzioni, nonostante tutta una serie di pressioni da parte della polizia e del comune di Parigi e giocando, in qualche modo, sulla persistenza dell’occupazione e sulla necessità di non tirar troppo la corda.
Per esempio, ad un certo momento il comune di Parigi ha costretto a lasciare libera la piazza durante la notte per effettuare le pulizie, allo scopo di spezzare la continuità dell’occupazione. Nonostante tutto c’è stata la capacità quotidiana di ricostituire anche le infrastrutture fisiche: le coperture che venivano assicurate durante i vari dibattiti, le bâches [tendoni Ndr] issate con delle corde ai vari alberi e ai lampioni sulla piazza.
Inoltre, inizialmente, la polizia aveva spinto alcuni venditori ambulanti di bevande alcoliche ad andare sulla piazza, in modo da creare più incidenti possibili con persone che erano magari un po’ fatte o ubriache. In seguito, visto che la cosa non aveva funzionato, hanno vietato la vendita di bevande di qualsiasi tipo sulla piazza.
In seguito hanno deciso di vietare l’uso di altoparlanti a partire da mezzanotte; siccome questa misura non aveva sortito grosse conseguenze, hanno vietato l’uso degli altoparlanti a partire dalle dieci.
E ancora, la polizia ha cominciato a presidiare tutte le strade di accesso alla piazza, con controlli agli zaini, alle valigie o ai sacchi delle persone. Ovviamente quelli più giovani erano le vittime designate…
Lorcon: Si sono intensificati i controlli anche nella metropolitana immagino…
Carrozza: Sì, alle varie uscite c’erano sempre tre, quattro o cinque, dieci poliziotti che effettuavano i controlli.
Nonostante tutte queste forme di pressione “La Nuit Debut” ha resistito fino agli inizi dell’estate, con una ripresa delle iniziative anche a settembre.
Una serie di commissioni, in particolare la commissione “Educazione popolare” che era stata una delle più vivaci nei dibattiti, avevano ripreso gli incontri specie nei fine settimana, sabato e domenica. Erano riusciti ad organizzare dei momenti di discussione anche all’interno di un contesto in cui il movimento si era sfilacciato.
Lorcon: Intorno a metà settembre c’è stato un tentativo di riprendere una mobilitazione generalizzata che ha portato ad una manifestazione numericamente consistente. Però nei fatti non è stato possibile riavviare la macchina del movimento.
Quali sono state, secondo te, le cause di questa impossibilità?
Carrozza: Intanto c’è da constatare che la legge, in maniera autoritaria, è stata approvata e promulgata, quindi era difficile battersi contro qualcosa che a quel punto esisteva. E questo il primo motivo.
Il secondo è che, come dicevo prima, è stato un movimento che è durato apertamente sei mesi, uno dei più lunghi degli ultimi trent’anni, e ormai la gente aveva una certa stanchezza.
Poi c’è da dire che i settori che si erano messi in sciopero nei mesi precedenti – specie fra aprile e i primi di giugno – avevano fatto una, due, tre, a volte quattro settimane di sciopero pagando, in maniera consistente, per dei risultati spesso inesistenti. Per questo non se la sentivano di rimettersi in sciopero in un contesto in cui sarebbero stati i soli a farlo.
Lorcon: Con lo sciopero alcuni di loro avevano perso addirittura delle mensilità.
Carrozza: Sì, alcuni anche di più.
Tra le altre cause c’è da considerare inoltre la scelta dei sindacati più importanti – in particolare la Force Ouvrière e la CGT, seguiti in parte da Solidaire che continuava a spingere per la ripresa delle manifestazioni di piazza – di continuare l’opposizione alla legge sul piano giuridico perché sollevava una serie di eccezioni di costituzionalità.
Una delle conseguenze della caduta del movimento è stata la divisione che si è prodotta all’interno dei settori più vivaci: da un lato il sindacalismo che possiamo chiamare di base, radicato socialmente nel mondo del commercio, in vari ambiti dell’amministrazione pubblica e negli ospedali, dall’altro quei settori che potremmo definire post-autonomi che si erano spesi in particolare nelle manifestazioni di piazza.
Le scelte differenti fra questi due soggetti hanno fatto saltare quell’unità che si era consolidata nel contesto generale del movimento.
Lorcon: Le notizie che arrivavano in Italia sembravano delineare la nascita di un nuovo soggetto politico rappresentato in particolare dagli studenti medi, che risultavano essere tra i principali protagonisti del movimento.
Invece, da quanto mi dicevi, la realtà è stata diversa da come appariva sulla nostra stampa.
Carrozza: Io direi che questa è stata una deformazione ottica.
C’è stata una presenza consistente di studenti liceali, e in parte di quelli universitari, nei primi mesi, a febbraio e a marzo, che si è però ridotta considerevolmente nel periodo successivo alle vacanze di Pasqua.
Anche a febbraio e a marzo, però, non tutti i licei si erano messi in sciopero o erano stati bloccati; quelli che lo avevano fatto rappresentavano una minoranza consistente, quindi visibile, ma non si può dire che il movimento fosse maggioritario nei licei.
Complessivamente il movimento è stato minoritario anche all’interno del mondo del lavoro, nonostante in certi momenti sia riuscito a mobilitare un milione, un milione e mezzo di persone.
Bisogna considerare che il mondo del lavoro in Francia conta almeno 25 milioni di persone.
Lorcon: Una minoranza combattiva, ma comunque una minoranza, che non è riuscita a scardinare i rapporti di forza.
Un’altra questione che mi preme esplorare è come su tutto questo abbia influito lo stato di emergenza, in vigore in Francia dagli attentati del novembre scorso e se queste manifestazioni siano riuscite a mettere in crisi quel dispositivo securitario così rigido
Carrozza: Va detto che le prime manifestazioni contro lo stato di emergenza si svolsero già nel novembre 2015. La prima manifestazione, in solidarietà con i migranti, è stata molto piccola numericamente, ha contato circa 500-600 persone; la polizia ha cercato di impedirla, negoziando per una specie di raduno statico. Poi invece i cordoni di polizia sono stati superati e la manifestazione vera e propria ha avuto luogo e quella può essere considerata la prima reazione.
Lo stato di emergenza ha giocato un ruolo importante nel divieto di manifestare durante la “Cop21”[il forum sull’ambiente svoltosi a gennaio scorso ndr.] , che aveva luogo tra novembre e i primi di dicembre; di contro hanno avuto luogo dei veri e propri villaggi con gazebo, tende, stand diversi e vari, per esempio su Place de la République, proprio in concomitanza con la “Cop21”.
Quindi, nei fatti, le manifestazioni ci sono state, ma molte volte sono state accompagnate da violenze poliziesche estremamente visibili e conseguenti al rifiuto netto di questa forma autoritaria di divieto.
In senso lato lo stato di emergenza non è servito granché contro gli attacchi terroristici di matrice religiosa, ma si è rivolto piuttosto contro la possibilità di manifestare dei movimenti durante tutta la primavera.
Sono state migliaia le persone a cui è stato impedito di manifestare, che sono state denunciate, arrestate e processate; credo si siano superati tranquillamente i duemila arresti con processi in corso ancora oggi.
Lorcon: Molti hanno subito anche una serie di perquisizioni preventive, che dimostrano come lo stato d’emergenza sia stato messo in campo nella sua interezza.
Come si profila l’orizzonte, con le elezioni alle porte?
Carrozza: Il governo è riuscito a vincere contro la propria base elettorale, ma rischia di pagare caro questo atteggiamento, ancora più di quanto abbia pagato in tutte le varie elezioni amministrative che ci sono state negli ultimi due anni
Lorcon: Nelle ultime elezioni amministrative il Partito Socialista ha preso una discreta mazzata.
Carrozza: È stata una mazzata ancora più grossa delle elezioni precedenti
Lorcon: Quindi il prossimo giro vincerà Sarkozy molto probabilmente?
Carrozza: Questo nessuno può saperlo, perché a breve ci saranno le primarie della destra e non è detto che Sarkozy venga scelto come candidato.
È vero che il livello di spappolamento della sinistra porta a presagire male.
È probabile che, stando così le cose, al secondo turno ci saranno il candidato della destra e Marine Le Pen, candidata dell’estrema destra che, secondo gli ultimi risultati, dovrebbe essere presente, se non addirittura maggioritariamente presente.
Lorcon: È una situazione che si è già vista in passato: mi ricordo che circa una decina di anni fa Le Pen padre arrivò al secondo turno.
Carrozza: Sì, nel 2001, quando venne eliminato e rinunciò a fare politica.
Nonostante ciò hanno continuato ad utilizzare lo spauracchio di Le Pen, evitando accuratamente di chiedersi come mai sempre più elettori votassero per lui.
Anche quest’ultima affermazione va, però, sfumata perché il numero più alto è rappresentato dagli astenuti. C’è stata, infatti, una crescita esponenziale dell’astensione in un contesto di astensione crescente.
Le Pen padre e poi la figlia hanno avuto, in questo quadro generale, delle percentuali molto più alte, segnate evidentemente dal travaso di voti dalla sinistra verso il centro, dal centro verso la destra e poi verso l’estrema destra.
Soprattutto è il dibattito politico che è rimasto avvelenato da questa presenza e dagli attentati che hanno prodotto una specie di gioco al rialzo sulle misure autoritarie, sul prolungamento dello stato d’emergenza e sui tentativi del governo di far passare la decadenza della nazionalità. Con quest’ultima misura si sono dati una zappa sui piedi perché non sono riusciti a farla passare, dal momento che avrebbero dovuto modificare la costituzione. Tra l’altro, la decadenza della nazionalità come misura esiste di già nella pratica. Si voleva invece inscriverla nella costituzione, senza nessuna utilità reale, era davvero una misura simbolica: di fronte a qualcuno che è disposto a farsi saltare con una cintura d’esplosivo, tu lo minacci di ritirargli la nazionalità…si fa due risate.
Lorcon: Come si è mosso il movimento anarchico all’interno di queste proteste?
Carrozza: Io direi che non ha avuto una originalità particolare. Gli anarchici hanno fatto più o meno quello hanno fatto tutti gli altri. Alcuni sono stati presenti ai margini di “La Nuit Debut”, parlo soprattutto del movimento ufficiale, perché poi individualmente molti compagni di area libertaria sono stati più attivi. Nelle manifestazioni si sono viste le bandiere nere e rosse e nere.
Lorcon: In molti video vedevo anche svariati spezzoni specificatamente anarchici, con striscioni, bandiere…
Carrozza: Sì, ci sono stati gli spezzoni della CNT, ma spesso i vari settori libertari erano presenti o all’interno degli spezzoni professionali assieme ai compagni di lavoro, oppure facevano parte dello spezzone di testa, che era uno spezzone più vivace, più giovane.
a cura di Lorcon